
Il ricorso ai servizi offerti da un’agenzia investigativa, in caso di licenziamento del lavoratore, è stato anche disciplinato dalla sentenza della Cassazione nr. 25674 del 4 dicembre 2014 che ha considerato legittimo l’intervento di un detective per accertare la responsabilità di una cassiera licenziata per non aver registrato la vendita di alcuni prodotti.
La Corte di Cassazione, con ordinanza nr. 15094/2018, “ha dichiarato illegittimo l’utilizzo di agenzie investigative per controllare la prestazione lavorativa”. In realtà, sebbene in sintesi possa sembrare cosi, di fatto la sentenza della Corte ha solo ribadito un concetto già noto sia alle aziende, sia alle società di investigazioni, ovvero che non si può indagare l’operato di un dipendente all’interno del luogo di lavoro. L’errore dell’azienda è stato quello di non aver indicato correttamente l’obiettivo, la pertinenza e la finalità nel conferimento d’indagine e non quello di aver intrapreso un’azione in collaborazione con l’agenzia investigativa.
Con la sentenza nr. 10636 del 2 maggio 2017, la Cassazione ha stabilito che è legittimo il licenziamento per giusta causa intimato a un dipendente in virtù di videoregistrazioni “occulte” effettuate nei locali aziendali durante l’orario di lavoro. Il caso riguarda la vicenda di un ex-dipendente di un supermercato, licenziato per giusta causa dopo esser stato sorpreso, mediante microtelecamere, a prelevare prodotti dal reparto dolciumi del magazzino. Con legale conferimento d’indagine, le telecamere erano state installate da un’agenzia investigativa, al solo scopo di sorvegliare un solo ed unico scaffale sul quale erano stati collocati determinati prodotti, non affidati ai dipendenti del supermercato ma esclusivamente a personale di agenzie esterne e già oggetto, in precedenza, di comportamenti illeciti.